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Archive for the ‘2011_04’ Category

In occasione della 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 5 giugno, anche Sulla Via ha voluto dedicare un numero (quello di maggio, in uscita oggi) ad approfondire il tema del web e delle interconnessioni che ha con la nostra vita quotidiana. Per questo la redazione ha scelto di porre qualche domanda alla Prof.ssa Francesca Comunello, ricercatrice di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma ed esperta di nuovi media, anche in rapporto alle relazioni sociali.

una foto della prof.ssa Comunello

«È certo complicato ragionare su un tema così ampio. In termini generali, internet costituisce un’infrastruttura tecnologica che abilita pratiche sociali. Internet agisce parallelamente ad alcune rilevanti trasformazioni sociali, che hanno avuto luogo anche indipendentemente dalla diffusione delle tecnologie digitali. Un grande sociologo come Manuel Castells ha coniato l’etichetta “Network society” per definire la società contemporanea: l’economia, le forme organizzative, la diffusione dell’informazione, le relazioni sociali possono essere comprese applicando il modello della rete».

Quali sono, a suo parere, i vantaggi di internet e quali invece i rischi?

«Internet garantisce oggi un accesso costante (senza limiti di spazio e di tempo, soprattutto grazie alle tecnologie mobili) a grandi quantità di informazioni, che riguardano ogni ambito della vita sociale. Ad esempio internet offre piattaforme efficaci per gestire i nostri contatti con amici e conoscenti. È più facile, oggi, mantenere legami a distanza (un amico che abita all’estero, un collega che lavora in un’altra città), rimanere in contatto con persone che non vediamo tutti i giorni.

I critici sostengono che internet ci allontana dai legami “reali”, spingendoci in un mondo di amicizie esclusivamente “virtuali”. La ricerca empirica (ma anche l’esperienza quotidiana di ciascuno di noi) mostrano invece che non c’è discontinuità tra quello che facciamo online e quello che facciamo offline. Soprattutto quando utilizziamo le piattaforme del “web 2.0” (e i social network innanzitutto), usiamo i media digitali per alimentare relazioni che già intratteniamo. Non è la piattaforma che determina la qualità, l’autenticità di una relazione (e non è dunque sensato parlare di relazioni “reali” e di relazioni che “reali” non sono, solo basandoci sull’ambiente attraverso cui queste sono alimentate).

I pericoli maggiori che vedo, al contrario, sono legati alla mancanza delle competenze (non solo tecniche, ma anche relative all’elaborazione delle informazioni) che garantiscono la possibilità di un utilizzo consapevole delle tecnologie».

Rete e minori: il web è pericoloso? Sono necessari degli accorgimenti da parte dei genitori? Quali consiglierebbe?

«Il web può essere pericoloso, come  può  esserlo il mondo offline. Il primo suggerimento che darei ai genitori è non demonizzare internet: il web è oggi una parte  integrante della vita quotidiana degli adolescenti e di fasce crescenti della popolazione adulta. Uno degli atteggiamenti più pericolosi che possono tenere genitori e insegnanti è guardare a internet con distacco, con paura. Gli adulti dovrebbero cercare di conoscere bene gli ambienti di rete, per coglierne le specificità e distinguere tra comportamenti potenzialmente pericolosi e comportamenti costruttivi. Inoltre, i genitori non dovrebbero aver paura di chiedere, di farsi accompagnare dai figli nell’uso delle tecnologie più avanzate: le capacità operative (quelle necessarie per manipolare le tecnologie) sono senza dubbio più diffuse tra le generazioni più giovani; gli adulti, però, possono aiutare i più giovani ad acquisire le competenze cognitive necessarie per elaborare grandi quantità di informazioni, per valutare l’attendibilità delle notizie trovate online o l’affidabilità di un interlocutore. Il dialogo con i figli, anche in questo caso, è fondamentale».

Internet e privacy: un connubio possibile?

«Alcuni osservatori sostengono che nell’era di internet la privacy sia un concetto superato. In realtà, è possibile tutelare la propria privacy ma, anche in questo caso, è necessaria un’elevata consapevolezza, un’approfondita conoscenza delle piattaforme utilizzate».

Come cambia il modo di educare nell’era del web 2.0?

«Nella società contemporanea le competenze tradizionali restano senza dubbio decisive. Vanno però a sommarsi alle competenze relative all’uso  consapevole  dei media digitali, costituendo quella che Jenkins definisce “alfabetizzazione del ventunesimo secolo”. La scuola non può chiudersi al mondo digitale, non può costituire un universo completamente separato da quello in cui vivono gli studenti (o alimentare diffidenza nei confronti degli ambienti di rete). Dovrebbe invece recuperare la sua funzione formativa accompagnando gli studenti verso un uso consapevole delle tecnologie (in termini di fruizione, ma anche di produzione di contenuti multimediali).

Esiste un problema relativo a internet in Italia: non si tratta del fatto che gli adolescenti la utilizzino troppo ma, al contrario, che il nostro paese presenta tassi di diffusione delle tecnologie molto inferiori a quelli degli altri paesi industrializzati. Basti pensare che, stando ai dati Istat, nel 2010 utilizza internet poco meno della metà degli italiani».

In questi giorni si tiene a Parigi un incontro del G8 dedicato espressamente ad internet. Ne usciranno probabilmente delle linee di governance per la rete. Secondo lei delle misure sono necessarie? Quali proporrebbe?

«È un tema vastissimo ma centrale per il futuro di internet. Il summit di Parigi ha suscitato molte polemiche nel mondo della rete, perché ha trascurato di dialogare con il “popolo di internet”, mettendo al centro le grandi aziende e gli Stati (ne ha scritto in modo chiaro ed efficace Stefano Rodotà su Repubblica.it). Il punto centrale nel dibattito sulla governance è oggi rappresentato dai temi della “neutralità della rete”, dei diritti e delle libertà».

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